Al di là delle tantissime dissertazioni filosofiche possibili e disponibili sul tema, possiamo affermare che la felicità è una delle più grandi aspirazioni degli esseri umani di tutte le epoche e di tutti gli ambienti. Il significato che gli si attribuisce è altamente personale e soggettivo e cambia durante l’arco della vita. Da bambini ci si sente felici con un nulla: una giornata di sole con gli amici al parco, una sufficienza in matematica a scuola ecc. Quando si diventa adulti la felicità si trasforma e diventa sempre più una chimera difficile da raggiungere. In alcuni momenti poi non riusciamo nemmeno ad immaginare di poter tornare ad essere felici. Con il passare degli anni le responsabilità aumentano, la frustrazione e lo stress subentrano ed iniziamo a legare il concetto di felicità alla realizzazione di una nostra aspirazione: un buon lavoro, una relazione soddisfacente, una bella casa ecc. E, purtroppo, quando facciamo dipendere la felicità dalla realizzazione di un desiderio, è molto più facile soffrire. Enrique Rojas disse: “La felicità non è vivere bene e avere un ottimo livello di vita, bensì saper vivere. È facile capirlo quando la vita finisce”
Allora, come possiamo godere ed essere felici nella nostra quotidianità ora senza aspettare che sia troppo tardi.
Molti pensano che la felicità derivi dai soldi. Quindi, se sono ricco sono felice semplice, no? Mica tanto.
Ora un vecchio adagio dice: “I soldi non fanno la felicità” Ma sicuramente aiutano direte voi. E la verità sembra stare tra le due affermazioni, ovvero, certamente la povertà può condurre all’infelicità in quanto ostacola il soddisfacimento dei propri bisogni (primari e/o secondari) e può causare vissuti di tristezza, di paura per il futuro o di rabbia verso sé stessi o il mondo esterno. Diverse ricerche, però, hanno dimostrato che le persone che possiedono più di un milione di dollari non sono poi tanto più felici rispetto agli operai, agli impiegati e alla classe media. Quindi, se è vero che i poveri, in media, sono più infelici dei ricchi, è altrettanto vero che il livello di felicità non aumenta proporzionalmente all’aumentare del conto in banca. Molte “cose” fondamentali, ad esempio, non hanno un prezzo. Inoltre, questo meccanismo dipende anche dal fatto che più denaro si ha più, per un processo di assuefazione, se ne vuole avere. Si entra in un meccanismo di avidità che logora la natura stessa dell’essere umano. Tutto questo mi porta a concludere che l’essere felici dipende esclusivamente dal significato personale ed esclusivo che attribuiamo alla felicità ed al modo in cui interpretiamo la nostra realtà (comportamenti).
Uno studio condotto dalla Prof. Sonja Lyubomrsky, dell’Università della California, ha evidenziato i fattori che influenzano i livelli stabili di felicità ed ha scoperto che:
- il 50% è legato alla genetica,
- il 40% all’approccio individuale, ossia dipende dal nostro comportamento,
- E solo il 10% dipende dalle circostanze esterne.
Quindi, se è verissimo che sui geni e sulle circostanze esterne non possiamo fare niente possiamo però cambiare ed influenzare drasticamente i nostri pensieri e comportamenti!
Lavorare su quella fetta del 40% e, in parte anche su quel 10% dato dall’ambiente in cui viviamo, può portarci alla felicità!!!!
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